APPUNTAMENTO SULL’ODER

17,00

AUTORE: Maria Borgese
TITOLO: APPUNTAMENTO SULL’ODER
COLLANA: ORIONE
GENERE: Memorie autobiografiche
PAGINE: 196
ANNO: ©2023 DI CARLO EDIZIONI
ISBN-13: 9791281201996
PREZZO: €. 17,00
DISPONIBILE FORMATO KINDLE AL LINK: Amazon.it : appuntamento sull’oder

Descrizione

In questa lettura si può percepire il sapore dei grandi romanzi storici, dove le vicende personali si intrecciano con gli avvenimenti della storia. Il periodo storico è quello che ha seguito l’armistizio dell’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, quando tutti i punti di riferimento si erano sgretolati e il futuro era un baratro.

Le deportazioni, i lager, i campi di lavoro, gli abusi dopo la resa dell’Italia. La prima parte del romanzo è prevalentemente autobiografica: luoghi, fatti, narrazioni sono reali e realmente accaduti. Di essi rammento alcuni racconti di mio padre. Nell’isolamento, nell’angoscia e nell’incertezza, in quel tempo in cui dominava la precarietà della vita legata alla condizione di prigioniero, nella tetra realtà dei campi di lavoro, dove ciascuno si dibatteva per sopravvivere e la speranza era ormai un lontano miraggio, per il protagonista Francesco Calabrese si affaccia un raggio di luce: Christine Bürger.

Nasce in lui un sentimento delicato e profondo che gli fa vincere la timidezza e lo spinge ad avvicinarsi alla ragazza, gli dà una motivazione per continuare a sperare… Nasce, poi, un amore tenero e appassionato, con incontri furtivi e agognati. Christine, i loro incontri, rappresentano non solo il sublimarsi del sentimento, il desiderio, l’amore, ma anche un’ancora di salvezza, la luce nel tunnel delle sofferenze che dà la forza per affrontare il domani, la speranza di un riscatto.

L’evolversi dei sentimenti e degli incontri tra i due innamorati si inframmezza con una dettagliata descrizione delle vicende belliche.

Le seconda parte del romanzo è tutta di fantasia, come pure la descrizione delle vicende della vita di Christine.

Non voglio apparire presuntuosa, ma l’evolversi dei fatti sia bellici che personali avvicinano la struttura del racconto a quella del grande romanzo storico “Guerra e pace”.

La descrizione è minuziosa e dettagliata, con una prosa che riesce a far immaginare quanto descritto e il lettore si ritrova proiettato a rivivere le situazioni e le esperienze.

È un racconto dinamico che appassiona e non è mai statico. È un romanzo a cui sono particolarmente legata perché è il primo dei dieci scritti da mio padre, che mi ha fatto rivivere con tristezza ed emozione tanti momenti e fatti della sua vita, molti dei quali sono raccontati nelle sue memorie, anch’esse inedite.

A cura di Maria Borgese

BIOGRAFIA di Francesco Borgese, a cura di Maria Borgese

Mio padre, Francesco Borgese, persona di grande intelligenza, esperienza e umanità; un uomo tra i due secoli al servizio dello Stato italiano, che ha vissuto la crudele esperienza della guerra e della prigionia, che ha svolto i suoi doveri per proteggere e difendere lo Stato e le sue istituzioni, che ha dedicato la sua vita al lavoro e alla famiglia.

Francesco Borgese nasce a San Pier Niceto, cittadina in provincia di Messina, il 10 agosto 1922, da Francesco Borgese e Concetta Amato. Mio nonno era un commerciante di olio di medio livello e svolgeva la sua attività a Spadafora, mia nonna era una sarta e lavorava nella sua casa a San Pier Niceto. La sua infanzia si sviluppa all’ombra di una madre autoritaria, che difficilmente si lasciava andare alle tenerezze prettamente materne che, così, gli mancavano. Da queste poche indicazioni emerge molto chiaramente come la sua infanzia sia trascorsa sempre nel ristretto ambito familiare e sotto l’occhio vigile della madre, fatto che non poteva non influire decisamente sui successivi comportamenti dando al carattere un’impronta di timidezza.

Al termine delle Elementari intraprende gli studi ginnasiali al Regio Liceo Ginnasio di Barcellona Pozzo di Gotto. Si impegna a fondo, fin dal primo anno, ottenendo risultati più che positivi.

Nell’estate del 1937 incontra per caso Anna, una ragazza della stessa età che, dopo molte vicissitudini, sarebbe diventata la sua sposa e mia madre. A causa della guerra, la chiamata alle armi per il servizio obbligatorio di leva era stata anticipata.

Nel 1941, la classe 1921 era già stata chiamata e alla chiamata successiva, prevista per l’inizio del 1942, toccava ai nati nel 1922 e, quindi, anche a mio padre, essendo risultato alla visita medica-militare tenutasi nel febbraio del 1941, “idoneo arruolato”. La prima destinazione è Dossòn, la frazione di Treviso dove era ubicata la Caserma del Reggimento e, subito dopo, l’Erzegovina in Jugoslavia.

La Jugoslavia, a Dubrovnik, affronta diverse battaglie sanguinose contro le truppe del maresciallo Tito. La mattina del dodici settembre, i militari italiani, non avendo ricevuto alcuna istruzione né dall’Italia né dagli Alleati, a seguito dell’armistizio dell’otto settembre consegnano le loro armi ai soldati di un posto di controllo tedesco appositamente costituito. I tedeschi, stanchi di aspettare che i soldati italiani cambiassero atteggiamento e combattessero con loro, decisero di deportarli in Germania. Così, dopo un lungo viaggio stipati su vagoni, la mattina del due ottobre 1943, giunge con gli altri commilitoni al Lager “2.B.” Dopo aver lasciato il mostruoso Lager 2.B, insieme ad altri centocinquanta riparte per raggiungere un Distaccamento di lavoro dipendente dal Lager 2.D di Stargard.

Con la creazione della Repubblica Sociale Italiana (Repubblica di Salò) di Mussolini, alleata di Hitler, gli italiani deportati in Germania sono considerati internati militari, I.M.I. (Italienisch Militär Interniert) e non KGF (Kriegs-gefange = prigionieri di guerra). In breve, gli italiani in Germania sono ribelli (o meglio banditi di Badoglio) di uno Stato alleato, alla loro mercé. Una posizione veramente critica e ibrida, quindi, che pesa su tutti. A Driesen, e nei dintorni, è stato impiegato in lavori di discarica, di carico sui carri ferroviari, di immagazzinamento e di sistemazione in generale di materiale strategico, in lavori agricoli e di pulitura di un canale di scolo nel bosco, tagliando e trasportando alberi da destinare all’industria, con gravi problemi di alimentazione, tranne qualche eccezione, essendo le razioni al limite della sopravvivenza.

A metà gennaio 1945, i sovietici della Vistola iniziano “l’ultimo atto della più grande tragedia del XX secolo”, come scrisse mio padre nelle sue memorie di guerra. Iniziano marce estenuanti per la ritirata e per raggiungere le altre colonne, ma ormai i carri armati russi avevano preceduto le armate.

Si concluse così la prigionia, il periodo più duro della vita di mio padre. Anni travagliatissimi: prima in operazioni di guerra sulle montagne dell’Erzegovina (Jugoslavia); poi nell’amarezza della sconfitta e nelle cocenti sofferenze fisiche e morali della pesante prigionia in Pomerania (Germania nordorientale) e poi travolto dalla valanga sovietica che calava verso l’Oder; e, infine, otto mesi difficilissimi, per l’impegno assunto di poter giovare, in qualche modo, agli italiani del Centro di raccolta sovietico per gli ex prigionieri in Germania a Driesen. Dopo sedici giorni di viaggio attraverso la Polonia, la Cecoslovacchia, la Germania e l’Austria, la sera del 12 ottobre 1945, con una lunga tradotta giunge al Brennero e infine sul suolo italiano. Al ritorno dalla prigionia ottiene la maturità classica e si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Messina. Partecipa al concorso dei sottufficiali della P.S., riservato ai combattenti della Guerra di Liberazione e ai reduci dalla prigionia in Germania. Il 16 marzo 1947, superato il concorso selettivo, inizia l’attività in polizia, prima come Sottufficiale e poi, dal 16 gennaio 1953, come funzionario, che lo vede impegnato in tutti gli ambiti istituzionali spesso caratterizzati da situazioni difficilissime, pericolose, complesse, delicate e, a volte, anche drammatiche, raggiungendo nell’arco di quarant’anni i vertici. Durante la sua carriera di sottufficiale viene assegnato in alcuni paesi delle Madonie, a Montelepre e allo Zucco, dove si trova impegnato nella lotta al bandito Giuliano.

Nel 1950, nella sessione di luglio, si laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Palermo. Il 22 giugno 1952 si unisce in matrimonio con Anna, mia madre, e nello stesso anno sostiene gli esami per accedere al ruolo dei Funzionari della P.S. che supera brillantemente nel novembre 1952, risultando vincitore di concorso. Inizia così, con il grado di “Vice Commissario Aggiunto”, la carriera di funzionario nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza che, partendo da quel primo gradino, lo avrebbe portato, attraverso altri quattro gradi della funzione commissariale (Vice commissario, Commissario aggiunto, Commissario e Commissario capo), a quella di Vice Questore (grado VI) e poi a quella di Questore (grado V), fino al vertice della gerarchia rappresentata dal grado IV e cioè Ispettore Generale Capo di P.S. Viene assegnato alla questura di Pistoia, poi alla Questura di Rieti, quindi assume la direzione del costituendo Ufficio di Polizia di Frontiera del Settore di Tubre e Resia, in Alto Adige, che avrebbe iniziato a funzionare dal 15 giugno 1955 e, nell’aprile del 1959, assume la direzione del Settore di San Candido, nel versante orientale dell’Alto Adige. Nel mese di luglio del1960, a quasi trent’otto anni, consegue la promozione a Commissario Capo (grado 7°) risultando fra i vincitori di un apposito concorso speciale e raggiungendo in pochi anni un traguardo prestigioso.

A metà settembre del 1962, lascia quella Provincia per assumere la direzione del Commissariato di P.S. Presso lo Scalo Marittimo ed Aereo di Palermo. Quelli trascorsi alla direzione del Commissariato presso il porto e l’aeroporto di Palermo sono anni difficili, anche per l’ordine pubblico, e lo vedono impegnato per quindici anni. A parte la promozione, per merito comparativo, a Vice Questore (oggi Primo Dirigente) nel maggio del 1971 gli vengono elargiti riconoscimenti, apprezzamenti, elogi, encomi, da parte di Enti e Organismi portuali, aeroportuali e turistici, quelli molto più lusinghieri dei superiori provinciali e ministeriali, del Dirigente Generale di P.S. – Direttore Centrale della Polizia Stradale, di Frontiera, Ferroviaria e Postale del Ministero dell’Interno – quando lascia la direzione del Commissariato per assumere, il 7 dicembre 1977, le funzioni di Vice Questore Vicario di Palermo. Nell’attività svolta nei due anni e mezzo dell’incarico si susseguono servizi particolari ed eccezionali connessi agli omicidi di mafia, ai tanti avvenimenti gravissimi verificatisi in quel periodo. E, infine, l’incarico conferito dal Questore nel settore della Polizia Giudiziaria, che avrebbe portato al primo vero “blitz” attuato a Palermo contro gruppi mafiosi.

Quale tangibile riconoscimento per il brillante esito del “blitz” contro la mafia, il 3 giugno 1980, su proposta del Capo della Polizia, il Consiglio d’Amministrazione del Ministero dell’Interno gli conferisce l’incarico di Reggente della Questura di Ragusa, anticipando, così, di fatto la promozione a Questore. Nel corso di questo incarico si trova impegnato in azioni di contenimento delle proteste e in difficili decisioni legate alla costruzione, presso l’aeroporto di Comiso, di una Base NATO per l’installazione di centoventi missili a testata nucleare “Cruise”.

Il 9 gennaio 1984 lascia la sede di Ragusa per assumere la direzione della Questura di Siracusa, stanco e provato da tanti avvenimenti.

Ancora un’azione di forza a scopo principalmente dimostrativo, nel settembre del 1986, nei confronti della criminalità della provincia e qualche altro impegno e, con la nomina a Prefetto, deliberata il giorno precedente dal Consiglio dei Ministri conclude, il 25 ottobre 1986, la funzione di Questore di Siracusa lasciando nello stesso tempo con tanta nostalgia la Polizia, dopo quasi quarant’anni di militanza.

Il collocamento a riposo era ormai alle porte.

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